02
Lug

Altro interessante articolo PERFEZIONARE L’ALLENAMENTO: I SEGRETI DELL’ENARGIA da www.sportpro.it

Se la genetica e la psiche (volontà) sono i requisiti di base per ottenere alte prestazioni, seguono con ruoli paritetici l’allenamento e il mezzo meccanico.  Per descrivere il complesso delle condizioni e dei fattori che regolano ed influenzano il rendimento prestativo si fa riferimento al concetto di struttura della prestazione. Si parte ovviamente dal mezzo meccanico e dai processi cinematici della pedalata, dalla cui ottimizzazione dipende gran parte del rendimento. Ottimizzazione influenzata dalle personali misure antropometriche sulla base delle quali si costruisce il telaio – come si sa – e che influenza la postura in bicicletta, la potenza espressa correlata alla velocità. Dunque il rendimento. Ma c’è un altro fattore ugualmente importante nel determinare un allenamento ben strutturato, ed è quello metabolico. Esso è costituito dall’interazione dei sistemi organici interni ed è divenuto negli anni sempre più importante nella metodologia, in quanto tutte le performance sportive si basano fondamentalmente sui processi di adattamento dell’organismo e dei sistemi funzionali ai carichi imposti dall’allenamento. Carichi che riguardano vari tipi di resistenza necessari alla prestazione.

Nel ciclismo, come in altri sport, il quadro reale delle esigenze dei carichi riferiti sia all’allenamento che alla gara si ottiene solo con l’analisi diretta cioè attraverso test da laboratorio o monitoraggio sul campo di gara di alcuni parametri come la frequenza cardiaca, la potenza meccanica, la cadenza di pedalata, ecc. I risultati ottenuti sono utilizzati per comprendere come vengano sollecitati i singoli sistemi funzionali da carichi di lavoro di diversa intensità o di diversa durata. E’ ovvio che la preparazione di un cicloamatore, che partecipa a gare molto intense, ma la cui durata non supera i 90-120 minuti, sia diversa da quella di un altro soggetto che invece partecipa a delle Granfondo che raggiungono le 7-8 ore di impegno. Quindi anche in un ambito amatoriale si deve fare una classificazione che spazia dalla prestazione di resistenza di lunga durata a quella di breve durata.

In questa tabella ecco di alcuni parametri metabolici ricavati da test sul campo nel ciclismo in un ambito di alto livello.

Sistema funzionale coinvolto

Unità di misura del carico

Resistenza breve
dai 10′ ai 40′

Resistenza media
dai 40′ ai 80′

Resistenza lunga
dai 90′ ai 360′

Resistenza lunghissima:
+ 360′

Consumo di O2

% VO2 max

90-95

80-95

60-90

50-60

Produzione di energia

% aerobica

70

80

95

98

% anaerobica

30

20

6

2

Consumo di energia

Kj/min

120

105

80

75

Demolizione glicogeno

% glicogeno muscolare

40

60

80

95

Da questi dati si possono ricavare analogie. Per le esigenze amatoriali che mirano ad ottenere comunque un buon rendimento si può raggiungere in allenamento, dal 30% al 70% del possibile carico funzionale dell’atleta di alto livello. Per un maggiore chiarimento cerchiamo di analizzare i quattro tipi di resistenza riportati nella tabella.

LA RESISTENZA DI DURATA – Nella resistenza di breve durata rientrano i carichi di lavoro molto intensi, che durano dai 10′ ai 40′. I principali substrati energetici utilizzati su queste distanze sono le riserve locali di glicogeno muscolare ed epatico. Dal momento che i carichi intensivi richiedono complessivamente dalle 400 alle 750 kcal. (da 1680 a 3150 kJ), non si innesca una deplezione totale delle riserve glicolitiche del fisico. Esse infatti – nel loro complesso – forniscono circa 2000 kcal di energia (8000 Kj), per cui in questo tipo di esercitazioni o gare ne viene sfruttato circa un terzo. In questo tipo di carico la produzione di energia è sostenuta prevalentemente da metabolismo aerobico. Che, però, non è sufficiente ad ottenere risultati di rilievo, raggiungibili solo con l’intervento per un 30% del metabolismo anaerobico. Ma questo rapporto è influenzato, ovviamente dai fattori ambientali: vento, fondo stradale particolarmente ruvido, pavé, ecc. Tal che aumenta in proporzione l’utilizzo da parte del fisico del sistema anaerobico e bisogna tener conto che questo fa aumentare proporzionalmente la concentrazione di lattato. Se in allenamento si usano carichi che vanno dai 10′ ai 35′, con una intensità che oscilla dall’85% al 95% del valori della soglia anaerobica si inibisce il metabolismo lipidico, cioè dei grassi. I substrati utilizzati principalmente sono i carboidrati, ed è indifferente se la loro demolizione avviene per aerobica od anaerobica. Il raggiungimento di prestazioni elevate a questi carichi di lavoro dipende dal reclutamento delle fibre muscolari, che sono principalmente di due tipi: a contrazione lenta (STF) e a contrazione rapida (FTF). Gli atleti che riescono ad esprimersi meglio in questo settore temporale hanno in prevalenza percentuali elevate di SFT (dal 60% al 70%). La distribuzione delle fibre è fissata geneticamente e non subisce modifiche quantitative con l’allenamento, che, però, può modificarne le qualità metaboliche. Soprattutto le fibre veloci sono soggette all’azione dell’allenamento, e possono adattarsi sia senso ossidativo, che glicolitico. La tipologia dell’allenamento svolto determina la direzione di questo adattamento. Tendono infatti a modificarsi solo le fibre realmente reclutate nelle esercitazioni imposte dall’allenamento. Il problema della trasformazione del profilo funzionale delle fibre è da parecchi anni al centro di numerose discussioni scientifiche. Per il momento, un dato su cui molti concordano è che esiste anche un terzo tipo di fibre muscolari, intermedie (fibre II C o fibre ST-FT), che compongono circa il 5% del potenziale di muscolare. Esse con un allenamento di resistenza mutano in fibre lente e con uno di velocità in fibre veloci. Di qui l’importanza della scelta dei mezzi di allenamento.

LA RESISTENZA Nella resistenza di media vengono classificati carichi di gara la cui durata va da 40′ a 90′. Vi rientrano in pieno le gare cicloamatoriali. La fonte energetica necessaria non può essere assicurata dalle sole riserve di glicogeno, in quanto aumentando la durata del carico, aumenta la deplezione di glicogeno sia dal muscolo che dal fegato, fino ad arrivare al limite critico dell’ora e mezza di gara, dove si ha una riduzione drastica della concentrazione di glucosio nel sangue. Il consumo energetico è stimato in media nei carichi intensivi di durata superiore ai 60 min., intorno alle 25 kcal/min (105 KJmin), con una demolizione aerobica dei carboidrati e dei grassi che va dall’80% al 90% per il glicogeno, e dal 10% al 20% degli acidi grassi. La produzione di energia per via anaerobica è importante per le situazioni tattiche (scatti, allunghi, fasi di impegno maggiore, ecc.) e dipende dalle riserve del glicogeno che si hanno a disposizione, per consentire un buon finale di gara. Una mancanza di questi substrati porterebbe ad una diminuzione anticipata della potenza muscolare, associata ad una riduzione della glicolisi nel metabolismo e da un notevole aumento del cortisolo. Si tratta di un ormone surrenale con una spiccata azione “catabolica” sul metabolismo: è in grado cioè di attivare la demolizione delle proteine e di creare possibili danni alla muscolatura. Per quantificare l’entità del catabolismo proteico si prende a riferimento il livello dell’urea serica del cortisolo. Il metabolismo tampona l’azione demolitrice del cortisolo con un aumento del testosterone, che controbilancia gli effetti negativi con una forte azione anabolica. Per questo nei due giorni che precedono una gara non si devono eseguire allenamenti molti intensi, ma solo sedute di allenamento abbastanza lunghe e lente, per favorire gli adattamenti metabolici di consumo in direzione delle scorte lipidiche, e non di quelle dei carboidrati. Un atleta che eccelle in questo settore dovrebbe possedere fibre lente carichi, dal 70% – ’80%, anche se atleti con elevate percentuali di fibre veloci (40%) spesso riescono ad ottenere buoni successi, sopperendo con un aumento della frequenza delle pedalate (agilità) a questa loro non predisposizione genetica.

RESISTENZA DI DURATA – Comprende i carichi di allenamento e di gara che hanno una durata dai 90′ ai 360′. E’ la situazione tipica delle mediofondo che vanno dai 100 ai 130 km. Come abbiamo visto, un carico intensivo di 90′ rappresenta un limite critico, al di là del quale si rende necessaria, da parte dell’atleta, una assunzione di carboidrati e liquidi. Naturalmente si possono sostenere carichi di resistenza minori a quelli di gara (dall’80 al 90% della prestazione di gara) per una durata superiore ai 90′ anche senza assumere glucosio o liquidi. Le grandi differenze di durata che si hanno in questo tipo di carico (90′- 360′) fa sì che vi siano oscillazioni nel consumo globale di energia. Per un calcolo di conversione, si stima che per un consumo di ossigeno di 3 Lmin vengano utilizzate 15 Kcal/min e con 4 L/min 20 kcal/min. Di questa energia, solo il 25% viene utilizzata per il lavoro muscolare, mentre il rimanente 75% va ad interessare l’organismo sotto forma di produzione di calore, che viene poi disperso con la termoregolazione. Le prestazioni, in questo ambito temporale, si basano per oltre il 95% sul meccanismo aerobico: gli acidi grassi partecipano alla produzione di energia in una percentuale che va dal 30% al 50%, la deplezione dei carboidrati viene compensata solo in parte con l’assunzione mirata dei glicidi. Per mantenere l’equilibrio fra glucosio consumato e glucosio disponibile ossono essere assunti dai 30 ai 40 gr di maltodestrine ogni 60′ quando il carico corrisponde a  questa intensità. Contemporaneamente, si innesca un aumento dei corpi chetonici (acetone) che si producono per la demolizione incompleta dei grassi in carenza dei carboidrati.
In questo settore dominano atleti con percentuali di fibre lente che vanno dal 75 al 90%. Questo perché esse costituiscono la base per un’elevata capacità aerobica.

RESISTENZA DI DURATA – Nel ciclismo questi carichi rientrano in distanze che vanno dai 250 ai 300 km. Oltre a qualche “estrema” Granfondo amatoriale, sono distanze solo percorse dai professionisti. Gli sforzi che superano le sei ore, sotto il profilo energetico presuppongono un metabolismo lipidico integro e richiedono un continuo apporto di liquidi e di sostanze nutritive. Globalmente il metabolismo è caratterizzato da un notevole catabolismo, evidenziato da elevate concentrazioni di cortisolo, che richiede tempi di recupero più ampi. Il tempo di ripristino è condizionato dal grado di demolizione delle proteine che si è avuto, esso può essere monitorato con l’andamento dell’urea sierica la cui concentrazione non dovrebbe superare le 10 mMol/l. Gli atleti professionisti hanno elevate percentuali di fibre lente (circa l’80%). Una base essenziale di resistenza per le loro gare, è l’adattamento da parte del muscolo ad utilizzare prevalentemente gli acidi grassi e si rendono immediatamente disponibili le riserve di questo substrato energetico. Per cui nella muscolatura delle gambe vengono immagazzinati molti grassi neutri (trigliceridi) che trovandosi vicino ai mitocondri garantiscono una fornitura veloce e abbastanza stabile di energia. Ciclisti che non si allenano o gareggiano su queste distanze non acquisiscono la capacità metabolica di utilizzare in misura maggiore i grassi o di immagazzinare trigliceridi nella muscolatura.

30
Giu

Spesso e volentieri sento parlare amatori e non di carboidrati, grassi soglia anaerobica ecc. ecc. Per fare un pò di chiarezza riporto questo articolo molto interessante:

muscoli sono il motore del nostro organismo e come tutti i motori necessitano di energia per funzionare. Tale energia è fornita dall’ATP, una molecola che consente di trasformare l’energia chimica contenuta nei cibi in energia meccanica.
Il cibo che ingeriamo viene prima “smontato” in molecole semplici costituite da glucosio e trigliceridi (i grassi), questi vengono trasportati ai muscoli dove particolari cellule specializzate, i mitocondri, li trasformano in ATP. Maggiore è la quantità di ATP a disposizione del muscolo, maggiore è la forza che esso sarà in grado di esprimere.

La prestazione che è in grado di esprimere un muscolo dipende da quanto velocemente esso è in grado di produrre ATP.

La produzione di ATP può avvenire in modo aerobico o anaerobico: si parla di meccanismo aerobico quando la produzione avviene in presenza di ossigeno, di meccanismo anaerobico quando avviene in assenza di ossigeno.

I meccanismi aerobici e anaerobici funzionano in parallelo, cioè contemporaneamente: a seconda del tipo di sforzo alcuni di essi prevalgono sugli altri.

Il meccanismo aerobico

Il meccanismo aerobico è il sistema più efficiente di produzione di energia, il suo limite è rappresentato dalla necessità di ossigeno per funzionare. L’ossigeno deve essere trasportato ai muscoli dal sistema cardiovascolare, il quale ha una capacità di trasporto limitata: tale limite rappresenta il “collo di bottiglia” della produzione di energia (ATP) con tale meccanismo.
Il meccanismo aerobico è molto efficiente poiché consente di ottenere la maggior quantità di ATP da una singola molecola di glucosio, ed è in grado di utilizzare anche i grassi per ottenere grandi quantità di ATP.

I grassi come fonte di energia

Due sono i concetti fondamentali da ricordare sul metabolismo dei grassi.

I grassi vengono trasformati in ATP in modo meno rapido rispetto aicarboidrati.

Maggiore è lo sforzo, maggiore è la velocità con cui il muscolo deve produrre ATP, minore è la quantità di grassi utilizzata per produrre tale energia, e maggiore è quella di carboidrati. In una corsa lenta (che consente di parlare con un compagno senza affanno) l’energia necessaria è ottenuta bruciando carboidrati e grassi circa in egual misura, mentre in una corsa ad andatura sostenuta la percentuale di grassi può scendere fino al 5% o meno.

I grassi bruciano al fuoco dei carboidrati.

Questo modo di dire rende bene l’idea: quando finiscono le scorte di carboidrati, i grassi non possono essere più utilizzati come fonte di energia e il meccanismo energetico va in una crisi profonda: la prestazione crolla a livelli bassissimi. È il caso del classico “muro” del maratoneta.

Il meccanismo anaerobico

Il meccanismo anaerobico consente all’organismo di produrre energia anche in assenza di ossigeno. La produzione di energia per via anaerobica assume una percentuale rilevante dell’energia totale prodotta in due casi:

– durante gli sforzi massimali o sub-massimali;
– nelle primissime fasi della prestazione.

In pratica il meccanismo anaerobico sopperisce alle mancanze di quello aerobico, che ha un’attivazione un po’ lenta (necessita di 2-4 minuti per arrivare a pieno regime) e ha un limite superiore della produzione di energia determinato dalla massima quantità di ossigeno che il sistema cardiovascolare è in grado di veicolare ai muscoli.
L’organismo possiede due meccanismi di produzione anaerobica dell’energia: la fosforilazione ossidativa e la glicolisi anaerobica.

Fosforilazione ossidativa o meccanismo anaerobico alattacido

Quando l’ATP viene “bruciato” dal muscolo, perde una molecola di fosforo, che può essere prontamente ripristinata dal creatinfosfato, una molecola di creatina a cui è legata una molecola di fosforo. Dopo la cessione, il creatinfosfato diventa creatina, la quale tramite altre reazioni chimiche (molto pìù lente della prima) viene a sua volta ricaricata della molecola di fosforo perduta ed è pronta per un nuovo ciclo di “ricarica” dell’ATP.
Tale sistema è molto pronto ed è in grado di fornire tanta energia al muscolo in breve tempo, ma la quantità di creatinfosfato nel muscolo è molto bassa, pertanto tale meccanismo si esaurisce in pochi secondi (mediamente, una decina). Nella gara dei 100 metri piani, o nelle gare di powerlifting (sollevamento pesi), nel salto in alto o con l’asta, nel salto in lungo, la fosforilazione ossidativa è il meccanismo energetico quantitativamente più importante.
La fosforilazione ossidativa viene anche chiamata meccanismo anaerobico alattacido per differenziarsi da quello lattacido.

Glicolisi anaerobica o meccanismo anaerobico lattacido

Il meccanismo aerobico, come abbiamo visto, consuma i carboidrati (sottoforma di glucosio) in presenza di ossigeno. L’organismo è però in grado di ottenere ATP dal glucosio in assenza di ossigeno, con la glicolisi (letteralmente, scissione dell’ossigeno) anaerobica (non-aerobica, cioè in assenza di ossigeno).
Precisamente, il glucosio viene trasformato in acido lattico e questa reazione chimica sviluppa energia (ATP). L’acido lattico che si accumula nei muscoli è dannoso sopra certe concentrazioni, dunque esso viene smaltito tramite il flusso sanguigno, che lo porta al fegato, il quale lo ritrasforma in glucosio e lo rimette in circolo. La capacità di smaltimento dell’acido lattico ha un limite: dunque, se la richiesta di energia tramite la glicosi anaerobica si mantiene entro questo limite, essa può continuare a lungo (a differenza della fosforilazione ossidativa che si esaurisce dopo pochi secondi).
In realtà il meccanismo è leggermente più complesso: a seconda della richiesta di energia, si possono verificare 3 situazioni.

1) Il meccanismo aerobico è in grado di fornire tutta l’energia necessaria: dopo un iniziale aumento di concentrazione di acido lattico, una volta che il meccanismo aerobico è a regime la concentrazione di lattato nel sangue torna a livelli identici a quelli a riposo (il meccanismo anaerobico è spento).

2) Il meccanismo anaerobico non riesce a fornire tutta l’energia necessaria, l’energia che manca viene fornita dalla glicolisi anaerobica, tuttavia la velocità di produzione del lattato eguaglia quella di smaltimento, dunque la concentrazione di lattato nei muscoli rimane costante entro un livello tollerabile per un certo periodo di tempo (tipicamente, da qualche decina di minuti a più di 3 ore, a seconda del livello di lattato in cui si instaura l’equilibrio).

3) La richiesta di energia è tale che il lattato prodotto non riesce ad essere smaltito, la concentrazione di lattato nei muscoli cresce e l’organismo, per difendersi dal danno che il lattato provocherebbe se superasse una concentrazione critica, inizia a inviare precisi segnali al cervello, che fanno ridurre la prestazione e quindi la richiesta di energia (bruciore ai muscoli e ai polmoni, nausea).